20 luglio 2015

Prunetta e birra

Le prime luci del mattino si sono levate già da un pó a Lizzano in Belvedere, quando i ragazzi si ritrovano sotto la Cupola della Chiesa.
Chi é venuto da Bologna avverte una piacevole sensazione di fresco, chi scende da La Cá invece, arriva al ritrovo giá grondante, nonostante i 5 chilometri fatti, siano stati di sola discesa.
Sono le otto e ai 600 metri di Lizzano ci sono 27 gradi, il sole batte forte, ma il verde dei boschi appenninici regala ossigeno prezioso a chi veniva da giorni di afa e umiditá.
La discesa verso Silla è veloce e mentre pedalano in direzione Porretta c'e chi vorrebbe fermarsi per un caffé. La richiesta però rimane inascoltata e una volta arrivati a Ponte della Venturina svoltano a Destra direzione Pracchia.
La strada si restringe, da una parte la Montagna dall'altra il fiume, il Reno. Curve e controcurve salgono piano ma costanti, portando i nostri appassionati ciclisti verso i monti toscani. Attraversano gli ultimi paesi emiliani e i primi toscani e dopo la tanta sospirata pausa caffè, raggiungono la vetta della prima salita, il Passo dell'Oppio, con quell'ultima rampa dura e irregolare a spezzare il dolce ritmo che da Pracchia aveva rilassato e agevolato la pedalata.
La picchiata su San Marcello Pistoiese è rallentata dal traffico di una Domenica calda anche dalla parte del Tirreno e mentre i cartelli continuano a indicare "Abetone", a poche centinaia di metri dall'inizio della storica salita, i cinque svoltano a sinistra seguendo le indicazioni Montecatini, Prunetta.
Salita lunga, quasi undici chilometri, ma non impossibile, praticamente tutta all'ombra, con rampe al 7%, intervallate da tratti in falsopiano, due-tre per cento la pendenza, dove la gamba rinfrescata dalla piacevole temperatura del sottobosco, gira con facilitá.
Per qualcuno gira veloce, in cerca di un riferimento su Strava, che finito il giro troverá, paragonando il proprio tempo, trentatre minuti, con quello del primo, un certo Giovanni Visconti, 24 minuti poco più.
Per altri gira con piú calma, o forse piú lentamente, ma con egual fatica.
In cima, per tutti, prima della discesa con rischio caduta a causa di due dossi "invisibili" non segnalati all'uscita di una curva, una meritata borraccia di splendida acqua fredda alla fontana, nel centro del Paese.
Mentre c'é chi non ha sete e neanche fame, peró un panino al prosciutto lo divorerebbe, ma solo per sfizio, il giro riprende veloce.
Discesa verso il ritorno in Emilia sulla stessa strada dell'andata, con quelle curve a volte leggiadre, a volte ignoranti, spinti dal vento nel relativo fresco che il fiume, regala dal basso. All'improvviso peró al primo strappo, l'Emilia da il bentornato ai ragazzi, l'aria si fa bollente e il vento sparisce come se il suo lavoro fosse finito al confine regionale.
Attraversate Porretta e Silla, la salita verso Gaggio é un forno che rende ogni pedalata un'impresa. I tornanti della vecchia strada che porta in paese, con il Corno sullo sfondo e neanche una nuvola in cielo, sono affrontati quasi con timore, grondanti e con i chilometri passati che ormai mordono le gambe e fanno venire a qualcuno voglia di un gelato, che peró non ha il coraggio di proporre.
Le fatiche non sono finite e in cerca di una sorgente fresca, con la speranza che sia anche gelata, si cominciano a inerpicare su una stradina interna al paese.
Comincia sotto un voltone, con un ciotolato che poi si trasforma in san pietrino per un chilometro circa, puntando dritto verso il cielo terso, quanto bollente.
Qui si vede quello che é un ciclista, le sue sofferenze, i suoi sacrifici, le sue illusioni dentro una fatica che in bicicletta non hai mai fine.
L'acqua alla sorgente é gelata e rigenera i ragazzi che ridiscendono sulla strada Principale e salgono a Querciola, ultima fatica prima di una meritata birra e di un agognato gelato. Povero gelato...

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