28 aprile 2017

Scoperte di un giorno di festa.

Quella stradina non la conosceva nessuno, solo io e Gianluca l’avevamo già fatta, suggerita da Mauro Colli che di strade e stradine è un vero culture.

Non si sapeva dove andare, fino a quando qualcuno ha suggerito qualcosa di semplice, tipo Serramazzoni.
Non si sapeva dove salire e le proposte erano varie, dal classico Ospitaletto-San Dalmazio, a Riccò e su fino ai campi da Tennis, oppure Villabianca, Castelvetro, Puianello, o il più lontano Casona, Coscogno.
Non si sapeva dove salire fino quando Gianluca ha proposto: “Perché non salire da Denzano?” “Perché no!” gli ho risposto io.

Denzano si prende poco dopo il centro abitato di Marano, poco prima del ponte del Rio Faellano che dà il nome anche alla via. Il cartello di divieto di transito all’inizio della strada non è invitante ma è ormai lì da anni, ad avvisare che una piccola frana a ceduto da un calanco.
La strada sale da subito ma nessuno se ne accorge, un falsopiano impercettibile, fiancheggiando il Rio, che dura qualche chilometro, fino al nuovo e ancora in ristrutturazione, Podere delle Rose. Poi comincia a tirare di più, ma l’ascesa è talmente costante che nessuno se ne accorge. Parlano tutti, fino a quando, all’improvviso, le parole vengono mangiate dall’affanno e ci si volta a destra appena passato il primo tornante guardando in basso, dove la strada, che poco prima era foriera di ricche chiacchere, ora la si vede piccola-piccola. 

Ci aspettiamo al piccolo borgo fatto di quattro antichi casolari, vecchi fienili ancora utilizzati, una torre e una pieve. Saliamo fino alla Pieve dopo aver riempito la borraccia alla fontana del cimitero e ci lanciamo verso il resto della salita. Si perché la vera salita inizia ora con tre muri impegnativi che ci portano in cima alla collina che è ormai montagna. Dominiamo la valle, siamo più alti di Ospitaletto e in fondovalle il Panaro è solo un filo d’argento che riflette i raggi del sole. La strada è deserta, una vera pace per noi in bicicletta che riusciamo a rilassarci un attimo, permettendoci di allargarci scattando una foto tutti insieme.

Ospitaletto, San Dalmazio e Serramazzoni. Il paese appenninico è un brulicare di ciclisti, turisti, abitanti che si godono il giorno di festa. Sosta acqua e barretta e si prosegue verso Pavullo, dove non arriviamo perché a San Antonio giriamo a sinistra e ci involiamo in discesa verso Coscogno e la Casona.

Fondovalle e Bazzanese, naturalmente controvento, ci portano di nuovo a casa. Doveva essere un giro di recupero dopo le fatiche della Granfondo di Firenze, ma di recupero ce ne è stato molto poco.

È stato un giro di scoperte per molti, è stato un bel giro per tutti. 

25 aprile 2017

Granfondo di Firenze 2017

È la parte bella del ciclismo, quella prima, durante ed oltre la fatica. È lo stare insieme  per un unico obbiettivo, quello di divertirsi, arrivando al termine di una Granfondo tra le più belle d’Italia.

Dal classico ritrovo al parcheggio Biagi, al viaggio, alla sosta caffè, la corsa al ritiro pacco gara, al prepararsi in fretta in furia perché l’orario di partenza è vicino.

La foto alla squadra del BikeStudio mentre alla tua no, perché c’è ancora chi è indietro con i preparativi e bisogna andare alle Griglie.

Pieno centro di Firenze, ma Piazza della Signoria non la vede nessuno. Tante cose non vanno nell’organizzazione di questa Granfondo dal percorso stupendo e dopo un po' di anni d’esperienza si fa fatica a perdonare l’eterna fila al pasta party, la partenza a piedi fino a Ponte Vecchio e la partenza da fermi ai piedi di Fiesole.

Il sole si vede solo in griglia, poi viene oscurato da nubi grigiastre sulla città gigliata e troppo nere sulle montagne del Mugello. Minacciano una bella bagnata ma è solo minaccia. In cima a Giogo e Futa accarezzano la cima degli alberi ma a noi non ci toccano.
Giogo e Futa dalla Cornacchiaia dopo Fiesole e le Croci sono salite di grandissimo rispetto che nulla hanno da invidiare alle lunghe salite alpine. La discesa verso l’Acqua Panna con quello strappetto di un chilometro e mezzo che fa male a tanti e la discesa a perdifiato verso Scarperia tengono il cuore costantemente alto.

L’ultima salita prima dell’arrivo sulla rampa di Via Salviati è una pugnalata alle gambe. Poggio degli Uccellini è un budello di strada che sale e morde sempre, fino in cima, senza lasciare mai la presa. Presa che rimane costante anche in discesa e che ti distrugge i muscoli lungo il 20% di Via Salviati. Ma l’orgoglio è troppo grande da non permetterti di mettere il piede a terra e quando da dietro arriva chi vuole batterti sul traguardo, riesci a mettere anche giù un dente e scattargli un ultima volta in faccia.

Il ritrovo alle macchine, i racconti di come le gambe siano diventato così doloranti, le impressioni sulle salite affrontate, una schiacciata e una birra che consolano ampiamente il mancato pasta party, sono solo il suggello ad una grande giornata. Volata via come si è volati sui pedali, ma che lascia emozioni vere da portarsi dietro ad ogni successiva pedalata.

09 aprile 2017

Un Sabato in bicicletta, tra salite e tigelle.

Il ciclismo, ma forse è meglio dire la bicicletta, perché tra i due termini c’è una sottile, ma neanche troppo differenza, è un continuo adattarsi, reinventarsi e riscoprirsi. La bicicletta è esperienza e di questa esperienza il novanta per cento è soprattutto ascolto. A meno che non si sia dalla nascita campioni, non si impara da soli ad andare in bicicletta. I consigli, le avventure, le esperienze di chi pedala ed ha pedalato, come lo stai facendo tu, sono essenziali per poter continuare a pedalare.

In questo adattarsi e reinventarsi, succede spesso che i programmi che si fanno, possano saltare. Perché spesso la bicicletta inganna, è traditrice e ti fa dimenticare che non è la sola cosa che esiste al mondo. Può essere anche la seconda. E se ti capita di dover saltare una Granfondo, già programmata la Domenica, puoi sempre sfruttare il sabato per provare a sostituirla.

Ci pensi un po’, chiami gli amici, proponi il giro e il sabato ti trovi davanti ad un ginseng fumante al bar, poco prima di partire, e lo cominci a ridisegnare perché ti fanno notare che forse hai esagerato un poco. E un poco ti dispiace, ma lo sapevi anche tu, sparare alta la proposta vuol dire realizzare alla fine qualcosa di comunque importante. Un po' come nelle aste, o nel poker, si bleffa, e se ti fan giocare, giochi. Sei lì per quello.

Doveva essere MonteMaggiore, Zappolino, SantaCroce, diventa Guiglia, Zocca, Passo Brasa, che sembrano tre salite, ma sono poco più di una. Una sola la si può considerare Guiglia-Zocca, l’altra, Passo Brasa, è il nome di tutta la Statale che porta al Passo, da Zocca è intervallata da un paio di velocissime discese, ma alla fine la si può quasi considerare una salita unica di trenta chilometri.  Lo scenario è splendido in una giornata senza nuvole e calda, con un po' di vento, naturalmente sempre contro, che rinfresca ma non raffredda. La neve sulle cime di Cimone e Corno è ancora presente ma la primavera sta nascendo anche in montagna con le prime fioriture dopo un inverno rigido ma poco generoso.

La compagnia è importante in un giro serio. Tre BikeStudio e mezzo, il mezzo è vestito Malini e due Malini ufficiali. Una sorta di gemellaggio che ormai è nato da qualche anno e ne viene ufficializzato davanti ad una tigella al prosciutto e a due bottiglie di vino, vuote, scolate dal CornoAlleScale Bike nel tavolo di fianco da Massimo, a La Dispensa de La Cà, dopo una salita che ogni volta che ci si porta un forestiero, lascia tanto male alle gambe quanto il cuore caldo. Da Farnè a LaCà, in mezzo alla Foresta, passando tra casolari in sasso, anziani castagni  e querce secolari, fonti e pozzi, ti porta in una dimensione che è fuori dal tempo e non ti fa ascoltare la fatica. Si doveva salire fino al Cavone ma il tempo è tiranno e prima o poi si deve tornare a che a casa.
In ogni compagnia c’è chi stupisce e dopo anni non smette di farlo. In questa compagnia c’è il Mezzo ,che di nome fa Guido, iscritto BikeStudio, vestito Malini, finita la Tigella dice di dover essere a casa alle 15. Sono le 13, mancano 70 km e per fortuna non si è saliti oltre. Voler fare un giro Lungo, partendo tardi, andando piano, fermandosi a mangiare, arrivando a casa presto, è da Guido.

Ed è da amici riconsegnarlo a casa alle ore 1510, dopo una Porrettana fatta a rotta di collo, invece di fare altre due salite, con un vento contro che ti torturava, lungo una strada che il giorno prima della Parigi Roubaix non ne ha fatto certo mancare gli effetti.

E finisci il giro, in solitario sulla salita di fianco a casa con le viti che ogni giorno si colorano di nuove verdi foglie.

Arrivi a casa con 170 km e più di 2000m di dislivello, hai ammirato la neve che ormai è sempre più rada sui monti, il primo sole veramente caldo che ti regala la libertà delle maniche corte e la prima abbronzatura da muratore, tante chiacchere e qualche salutare trenata sui tuoi monti.

Perché si può girare l’Italia in lungo e in largo ma belli come loro non ce ne sono in giro.     

06 aprile 2017

Il Weekend dei due Mari, La Via del Sale e Val di Cecina, via alle pagelle

È stato un weekend di Granfondo quello appena passato. Due Granfondo sulle sponde dei due mari, Adriatico e Tirreno, la Via del Sale a Cervia e la Val di Cecina, a Cecina, in provincia di Livorno.

Se a Cervia abbiamo piazzato almeno due iscritti in ogni percorso, con particolare attenzione ai quattro che hanno percorso quello lungo in caccia del Prestigio, a Cecina in due hanno concluso i veloci 124 chilometri della Granfondo Livornese in cerca della Coppa Toscana e del Giro delle Regioni. 

A Cervia in 8 hanno gareggiato lungo le strade romagnole della ormai storica Granfondo Via del Sale, nel percorso corto i fratelli Faldini hanno portato a testa alta la maglia nero-fluo del club, con Massimo che, velocissimo, ha concluso la prova alla media dei 34 all’ora e Andrea, che nonostante il poco tempo di allenarsi, è sempre presente sul rettilineo d’arrivo delle Granfondo a cui partecipa.

Nel Medio molto bene Gliberto Costa che chiude in quattro ore e mezzo e Marco Marchi che merita una menziona d’onore per il suo ritorno in griglia dopo svariati anni. Marco è ciclista vero, non esce mai, ma va come un treno. Un classico del vero ciclista è quello di andare forte e dire di non avere mai tempo di allenarsi. Marco è vero ciclista!

Per gli aspiranti Prestigiosi e per i conquistatori della Toscana andiamo di pagelle, partendo dalla Toscana.

Enrico Pasini: Subisce due ore di brontolamenti da parte di un intruso del Bike Studio che in macchina voleva tornare indietro perché tanto pioveva e non sarebbero partiti. Invece arrivano giù, partono e non prendono una goccia. Dopo le due buone prove in quel di Camaiore e di La Spezia, soffre molto la partenza velocissima, in salita, della prova livornese. Lascia andare un buon gruppo sui mangia e bevi toscani, poi alla prima vera salita si riprende e comincia a recuperare posizioni importanti. Recupero però vanificato dalla poca partecipazione nel percorso lungo che lo ha lasciato solo contro il vento per più di 50 km.
Nella Coppa Toscana, nella sua categoria, conquista posizioni importanti salendo in ottava posizione, mentre nel Giro delle Regioni è nono. Meriterebbe un 10 solo per aver riportato a casa l’intruso del BikeStudio.
PAZIENTE. VOTO 7.

Lorenzo Tognetti: Ultima salita della Granfondo di La Spezia, il fotografo immortala un’immagine che rimarrà nella storia. Un Pasini scatenato tira il gruppetto su uno strappo a doppia cifra e in ultima posizione Tognetti digrigna i denti cercando di restare a ruota. La sua giornata più nera, ma a Cecina la storia riprende il suo cammino. Parte a ruota del Potter Bolognese per lasciarlo alla fine della prima salita e non rivederlo più se non dopo 10 minuti il suo arrivo. La mente è ancora agli anni pre-rotture di femori, le gambe la stanno raggiungendo.
Nella Coppa Toscana è tredicesimo di categoria, mentre nel Regioni è settimo, in una categoria particolarmente affollata.
REDIVIVO. VOTO 9

E ora i Prestigiosi.

Alessandro Galluzzo: L’anno scorso di questi tempi non andava una mazza, alternava giri, lenti ma lunghi, ad altri, lenti e corti. Quest’anno non lo si vede tanto va forte. Chiude dentro i primi 500 la classica Romagnola ad una media da paura. Ma attenzione. Non lo si vede veramente. Nel weekend romagnolo nessuno lo ha visto. Né prima, nè durante, né dopo. Anche su Facebook l’unico selfie che si è fatto è stato ad una coscia. Coscia che potrebbe essere di chiunque, da Peter Sagan alla mitica Giovannona. In attesa delle foto ufficiali della Granfondo, noi ci fidiamo. Forse.
PREOCCUPANTE. VOTO 8 +o-.

Stefano Baccigotti: Una mese fa era morto, da giri lunghissimi fatti tra dicembre e febbraio al tornare indietro dopo settanta chilometri pedalati a Marzo. I fantasma dell’ultimo tentativo di conquista al Prestigio stavano tornando fuori all’arrembaggio. Ma l’”esperto” Baccigotti sorprende tutti e va a piazzarsi a ruota di Galluzzo, (Galluzzo ha una ruota di 28, km…), lasciando tutti a bocca aperta. Arriverà alla conquista dello scudetto di Cicloturismo? Solo la storia potrà dirlo, noi ci speriamo. Ma ci crediamo anche?
ENIGMAtico. VOTO 9 e TRE QUARTI.

Fabio Fornacciari: Finché, e se Baccigotti reggerà questa inaspettata condizione, non possiamo dire che la rivelazione sia Fabio, ma i miglioramenti avvenuti quest’anno non erano certo aspettati. Il cronometro parla chiaro, sta distruggendo ogni record personale ottenuto nel passato. E anche nel trapassato. Da ciclista sta diventando corridore, ma non dimentica le sofferenze passate. Per questo, quando si rende conto di essere davanti a Ramon, Fabio si ferma all’ultimo ristoro si traveste da s’daura romagnola, serve piadina e Sali minerali, aspetta che Ramon passi e dopo 5 minuti riparte. Quasi lo riprende ma le sofferenze passate gli riecheggiano nell’anima e allora lo lascia arrivare prima mostrando un cuore che in pochi possono capire.
GENEROSO VOTO 10-

Ramon Stefanelli: Ramon, Ramon, Ramon, Ramon………………………………………………………..……..
RAMON. VOTO -4029( i chilometri fatti quest’anno fino a questo momento).