22 giugno 2017

Pedalata Ceretolo Monte Capra

Club Bici Malini
Martedì 4 Luglio
Organizza Pedalata:
Ceretolo Monte Capra

Una sfida!
Una prova gogliardica!
Una serata tra amici!
Un "tempo" da mostrare agli amici!
Poter dire io c'ero!
Dimostra di che pasta sei fatto!


Ritrovo ore 19,45, presso incrocio Via Tizzano e Via Galluzzo 
(Per chi viene in auto, conviene lasciarla a monte)
Consegna Tabella  di partenza.
Ore 20,00 circa, partenza primo partecipante.
A seguire gli altri ogni minuto
Arrivo  in cima a Monte Capra, circa 4,600 metri, e circa 425 metri di dislivello.
Possono partecipare tutti coloro che vogliono divertirsi.
Si possono usare tutti i tipi di biciclette:Corsa, MTB, Gravel, City, Passeggio (NO E-BIKE)
ATTENZIONE A grande richiesta si apre anche alla E-Bike!!
Presso l'arrivo, per chi interessato, si cenerà al Ristorante Monte Capra.
I tempi verranno calcolati durante la cena, poi pubblicati su questo Blog, Facebook, e inviati via mail.

E' una pedalata tra amici, e si terrà su una strada comunale aperta al traffico, quindi vige il regolamento stradale

Si declina ogni responsabilità per eventuali incidenti di qualunque natura dovessero verificarsi prima, durante e dopo la pedalata.


Per motivi organizzativi, la pedalata  si effettuerà con un minimo di 15 partecipanti.
Comunicare la propria presenza, con un messaggio al 339-388 5920 entro e non oltre Venerdì 30 Giugno. Comunicare anche se presenti alla Cena.
La pedalata è aperta a tutti i Tesserati del Club e ai Clienti Cicli Malini.


21 giugno 2017

Sportful 2017, due giorni sempre meravigliosi

Aver convinto il Maestro Nicoletti a bere una birra alla vigilia dei 205 chilometri della Granfondo Sportful è già stata una mezza impresa. E mentre noi ci spazzoliamo spatzle, wusterl, salsiccia, fagioli, crauti e prosciutto di Praga, lui si mangia un’insalatina e un piatto immenso di bresaola. Il Maestro è il maestro e non sbaglia un colpo, noi andiamo di gola e di fegato perché alla birra Centenario della Fabbrica di Pedavena non possiamo rinunciare.

Si ritirano i pacchi e si visita la Fiera del Palaghiaccio, poi si va a Belluno, a Sossai di Castion, nella bella e grande casa dell’Inossidabile Magnani. Un po' di relax dopo aver sistemato le biciclette per il giorno dopo, qualche cavolata qua e là e si mangia.

Un chilo di spaghetti più o meno a testa per fare il giusto carico di carboidrati, come se il pranzo in birreria non fosse bastato, mezza bresaola a testa accompagnata da qualche fetta di prosciutto e si fa fatica ad alzarsi da tavola. Servono due passi per smaltire e allora usciamo da casa Magnani e ci incamminiamo sul versato sterrato che porta al Nevegal, rigorosamente tutti in infradito.

Un chilometrino in salita verso la Chiesina di San Gaetano e un chilometrino in discesa per tornare a casa. Chilometrini che servono sicuramente per smaltire, ma che le gambe ricorderanno con gioia e delizia sulla prima salita il giorno dopo in gara.

Perché il giorno dopo sarà salita, tanta salita, sarà sofferenza, dolce e stupenda sofferta tra le guglie dolomitiche. A letto subito allora con ancora il cielo azzurro e il sole che si è appena nascosto dietro le dolomiti bellunesi. La sveglia suonerà che il sole sarà ancora a letto, e poi saranno duecento chilometri di pura passione.

La sveglia suona che la Luna è ancora alta nel cielo, facciamo colazione controvoglia e un caffè non basta a toglierci quella domanda dalla testa che ogni volta a quest’ora della notte, o della mattina se si preferisce, ci rimbomba in testa: “Perché? Chi ce lo fa fare?”. Bagno, veloci abluzioni per tutti e si sale in macchina. Come un vecchio Ds Maurizio da gli ultimi consigli al proprio corridore, anche se proprio non è, perché Guido corre per un’altra squadra.

Si entra in griglia che mancano venti minuti alla partenza come sempre l’atmosfera è carica di energia, musica a palla e lo storico speaker Paolo Mutton carica i quasi 5000 corridori pronti ad arrampicarsi sulle dure salite alpine.

Venti chilometri di pianura alla prima salita, chi la fa piano, chi la fa forte, chi la fa a ruota di quelli che vanno forte, come Guido incollato alle ruote mie e di Scomazzon.
Cima Campo è la prima salita, diciannove chilometri che partono gentili, poi si incattiviscono con alcune impennate dentro al primo paese che si attraversa e che tornano gentili dopo Col Perer, con qualche strappata verso la cima, dove la strada taglia in due la cresta e la vista apre alle Dolomiti Trentine e Bellunesi. Una salita che fatta in altra giornata sarebbe bellissima, ma che affrontata insieme ad altre 5000 persone non si riesce a gustare appieno, tra chi chiama a destra, chi a sinistra e chi già comincia pericolosamente a zigzagare.

La discesa verso Castel Tesino è veloce quanto indigesta, almeno per me. In fondo, subito dopo il paese c’è il bivio. Lungo dritto medio a destra. Fabio e Simone decidono che i 130 km con 3000 metri di dislivello del medio possono bastare, tutti gli altri tirano dritto, compreso inaspettatamente il grande Bufalo Scomazzon, che non resiste al richiamo delle amate montagne e soffrirà sulle arcigne pendenze del Manghen.

Il Manghen, 2000 metri d’altezza che partono da Telve subito con drittoni che ti danno il benvenuto in Trentino. Poi una volta preso il Passo vero e proprio la strada si restringe e si addolcisce, fino al settimo chilometro, quando all’improvviso cominci a vedere meglio l’azzurro spettacolare del cielo e sentirti nel contempo più pesante. Un solo chilometro duro, poi si torna alla normalità della pendenza media costante al 7%. Alle porte dell’unico paesino che si incontra, Calamento si torna a decollare verso la cima, con tratti a doppia cifra. Fin dopo il ristoro, quando la salita diventa quasi falsopiano e illude di un sospirato riposo che invece è solo la quiete prima della tempesta. Perché ai meno sei la strada si inclina al nove per cento e rimane così fino all’ultimo metro. Guardi verso l’alto e vedi il serpentone di ciclisti ingobbiti scalare questa fantastica montagna e lassù li vedi sparire all’improvviso dietro a dei massi. Chi l’ha già fatta sa che dietro a quei sassi c’è il Passo Manghen, il tanto agognato gpm, c’è il ristoro poco più sotto e ci sono venti chilometri di discesa verso Molina di Fiemme. Chi non l’ha mai fatta, impara presto quanto quei massi siano riferimento e nello stesso tempo dannazione, perché più ti avvicini più ti sembrano lontani.

Da Molina di Fiemme a Predazzo è il tratto più lungo senza salite escluso l’inizio. Trovare un gruppetto dove riposarsi per portarsi all’attacco del Rolle in relativa tranquillità è fondamentale. Ma se il gruppetto che si trova è indemoniato allora forse è meglio fare tutto il pezzo da soli, del proprio passo, senza tirarsi il collo. Io ho fatto così e la scelta è stata azzeccata. Perché sul Rolle già nei tornanti prima di Bellamonte il gruppetto era esploso e senza esagerare li avevo già ripresi tutti. Il Rolle non è una salita difficile, ma è lunga, calda e infinita anche lei. La fontana di Bellamonte è presa d’assalto da molti che ci si buttano dentro per rinfrescarsi dopo quattro chilometri tutti al sole. Usciti da Bellamonte la strada spiana, sale piano al due percento e per un paio di chilometri, quando costeggia il lago di Paneveggio scende anche. Per chi ha potenza questo è il momento di spingere e fare la differenza, ma senza esagerare. Io Tengo il trentanove e spingo forte sui pedali senza però andare a tutta e il risultato è eccezionale, perché sono tanti quelli che riprendo e che poi ai meno cinque, quando la strada riprende a salire seriamente fino in cima si staccano dalla mia ruota. Ai quasi duemila metri del Passo le pale di San Martino brillano al sole. Là dove l’anno scorso avevo trovato una giornata da tre gradi e pioggia, facendomi soffrire pene che mai avevo patito, ora il termometro è sopra i venti gradi e buttarsi in discesa è un piacere desiderato quanto sudato.

Anche se poi la discesa non è così agevole, perché in quella valle il vento tira sempre forte e contrario al pomeriggio e oggi lo si sente addirittura già dal Passo. Arrivare all’imbocco dell’ultima salita, il Croce d’Aune, sono quasi cinquanta chilometri e normalmente scendere dal Rolle passando da San Martino di Castrozza, Imer e Fiera di Primero è puro divertimento. Ma tra il vento e il traffico contrario da poco riaperto non ci si riesce a divertire tanto e soprattutto non ci si riesce a rilassare, arrivando agli ultimi dodici chilometri di salita che quasi li preferisci alla discesa.

Il Croce d’Aune, la salita dove Tullio Campagnolo capì che non si poteva girare la ruota per cambiare rapporto ma bisognava cambiare qualcosa, è una salita camaleonte. Se l’affronti nel medio, ti appare neanche troppo dura, diciamo affrontabile, ma se l’affronti nel lungo, con centoottanta chilometri nelle gambe e altre tre salite da venti chilometri già scalate, ti sembra quasi il Mortirolo. E gli ultimi tre chilometri, quelli che come un serpente si snodano nel paese di Aune con la sua Chiesetta che vedi già dai meno cinque e ti appare così lontana, non scendono quasi mai sotto il dodici percento. Arrivare in cima e tagliare l’arco del Gpm è una gioia intensa.

Poco più di dieci chilometri e la Granfondo sarà finita, anche se la discesa del Croce d’Aune, fatta da pochi lucidi, diventa fatica vera quanto la salita, con tutti i suoi tornanti da rilanciare.

Fatica vera è l’ultimo strappo in ciottolato che porta in Piazza Maggiore a Feltre. Ma è fatica fatta con il sorriso sulle labbra perché, in cima, vedi il traguardo e senti Mutton caricare chi sta arrivando poco prima di te.

Finire la Sportful con qualunque tempo ci si possa impiegare è un’impresa che va al di là dello Sport, è sacrificio, è passione, è perseveranza, è orgoglio.

Ed è soprattutto festa grande! 

Tutte le foto le potete vedere qui:

Foto Sportful

20 giugno 2017

Sportful 2017. Il punto tecnico di Ramon Stefanelli

Guardando su Endu i dettagli delle classifiche di ieri, mi son saltate all'occhio un paio di cosine...

Steve Baccigotti: molto regolare, partito pianino ma stabile in classifica dal Manghen in poi.

Simone Della Rocca: è partito forte, per poi perdere qualcosina... ma piuttosto regolare.

GuidoTraditore Frigieri: 383° complessivo: sempre veloce, ha sofferto (o si è fermato molto) sul Rolle (680° in quel tratto, perdendo 64 posizioni).

Fabio Fornacciari: stabile e costante... fino alla salita a Croce d'Aune, dove ha perso circa 100 posizioni.
Ale Galluzzo: 25° (venticinquesimo) assoluto nel tratto Cima Campo/Castel Tesino, ai 55.5Km/h medi... ! Manghen fatto "pianino" (oltre il 550° posto, -52 posizioni), ma da lì costante.

Lorenzo Tognetti: Sul Rolle ha "aperto gas", recuperando 50 posizioni, facendo poi molto bene anche Croce d'Aune.

Enrico Pasini detto Potter il migliore: Cima Campo e Rolle veloci, più lento il tratto fino a inizio Manghen e l'ultima discesa, ma nel complesso abbastanza costante.
Luca Bufalo Scomazzon: Regolarissimo!
Io: partito (troppo) piano (intorno alla 1200° posizione dopo le prime 3 ore, all'inizio del Manghen) poi recuperate oltre 300 posizioni.

Qui i tempi delle tre salite cronometrate, Manghen, Rolle e Croce d'Aune, per chi ha fatto il lungo:

Ale: 1:36:38 1:14:23 0:47:39

Lorenzo: 1:35:12 1:11:41 0:44:47

Potter:1:37:51 1:13:08 0:47:13

Ramon: 1:42:48 1:22:11 0:48:09

Luca: 2:00:34 1:40:18 1:04:14

Steve: 1:58:39 1:34:44 0:57:51

Guido non ha il tempo di passaggio in cima al Manghen (avrà tagliato a metà salita tra le mucche per risparmiare un po' di minuti!), quindi c'è solo Rolle e Aune:
Guido: 1:19:45 0:46:23

Croce d'Aune per chi ha fatto il medio:
Fabio: 0:59:59
Simone: 0:54:06

Bravi a tutti ma il prossimo anno non ci sarà storia e arriverò davanti a tutti!
Ramon Stefanelli

13 giugno 2017

Granfondo Cooperatori, senza chip ammirando l'Appennino Reggiano

Era quasi freddo quando ho caricato Lorenz davanti a casa sua alle 6:15, era, invece, quasi caldo quando siamo partiti alle otto meno dieci, dalla Piazza di Albinea per la Granfondo Cooperatori ex Due Passi Matildica.

Niente chip quest’anno, niente griglia, solo cicloturistica, timbri il cartellino e parti. Anzi timbri il cartellino, parti, ti accorgi che il Garmin è spento, ti fermi, accendi, aspetti il segnale gps e riparti.

Tranquillità da cicloturistica, come la prima salita che come sempre ad Albinea comincia a 100 metri dalla partenza. Sei chilometri e mezzo indica il cartello, ma in realtà sono anche otto. Salita agile che l’anno scorso partendo davanti e soffrendola da subito non mi ero goduto. Una salita molto bella, che nonostante l’afa già presente apre a tutto all’Appennino, con a sinistra l’imponente Cimone e più dietro l’inconfondibile punta del Corno Alle Scale, dove è posta la Croce, Punta Sofia. Si sale e si attraversano i primi colli reggiani tagliandoli in due, passando da casolari, stalle e agriturismi da fare invidia al Chianti, come l’Agriturismo Cavazzone che solo a guardarlo ti viene appetito.

A me in realtà appetito non viene, ho passato una settimana di cene e cenette tutti i giorni fuori, conclusasi il sabato a mezzanotte e mezza ad uno splendido matrimonio sui colli bolognesi. Il vantaggio è che per tutta la Granfondo non ho bisogno di mangiare, ne ho da smaltire parecchio e bastano due ciucciotti e due pezzi di parmigiano-reggiano, andato giù più per golosità, che per  bisogno per fare 140 chilometri anche abbastanza tirati.

Si perché non c’è chip ma con me c’è Lorenzo Tognetti, l’uomo che appena la strada si impenna accelera. Non sei un ciclista vero se non fai una granfondo da solo con un Lorenzo Tognetti.
La prima salita si limita, quasi si scalda, ma nella seconda non ha pietà. Che poi numerare le salite in questa Granfondo non è facile. Discese vere non ce ne sono, ci sono piccoli tratti intervallati da mangia bevi crudeli quanto belli. Al quindicesimo chilometro guardo il dislivello, è già a 500 metri.

La seconda salita porta sull’Appennino Reggiano a VillaMinozzo. Dico subito a Lorenz di andare e di aspettarmi in cima, lui mi ascolta e va, ma quando vedo che, nonostante tutto, la gamba gira da Dio e lui è lì a pochi metri da me, non lo mollo un attimo, se non a poche centinaia di metri dal paesino reggiano .

In cima il primo ristoro, non mangio ma bevo due bicchieri di coca-cola che mi aiutano a digerire la cena del mercoledì. La cena del giovedì ci pensa Lorenz a farmela digerire, perché prima della discesa vera parte a tutta su un falsopiano, facendomi vedere nero per non pochi chilometri.

Poi per fortuna il panorama si apre, si esce dai freschi boschi appenninici e si comincia la cottura al sole, ma soprattutto si ammira, da un belvedere, la Pietra di Bismantova svettare tra i monti in tutta la sua maestosità, la sua particolarità e la sua magia. Perché questo monte, chiamato da sempre la Pietra, citata da Dante nella Divina Commedia e la cui denominazione, Bismantova, non è in realtà chiara neanche ai giorni nostri, si dice sia veramente magica. E pedalare al cospetto della Pietra ti fa entrare appieno in questa magia, un’energia che pochi altri luoghi hanno al mondo. 

A Castelnuovo de Monti è festa, ristoro megagalattico con tanto di ballerine e zumba ma soprattutto, panini, acqua, fanta, coca-cola, vino e soprattutto grana. Ci ristoriamo volentieri e ripartiamo e finalmente è vera discesa. Rimango davanti quasi quindici chilometri lungo le curve e i tornanti reggiani, passiamo un  lungo fiume dove riesco a spingere bene e dove, nel fiume orde di bagnanti muovono la mia invidia mentre pedalo ai 45 orari sotto i 32 gradi di mezzogiorno.

Pedalo e faccio due conti, mancano ancora trenta chilometri e quasi 600 metri di dislivello. Manca sicuramente una salita, ed infatti dopo pochi chilometri ecco una svolta a destra e il cartello “inizio salita” indica 8 km. Io e Lorenz saliamo bene anche se il caldo ci schiaccia. Più saliamo più mi chiedo come possa essere lunga otto chilometri quando sembriamo già in cima. Infatti dopo quattro chilometri abbondanti ecco un ristoro ed un controllo. È provvidenziale per molti, l’acqua e le bibite sono belle fredde e riprendere in leggera discesa è un piacere. Piacere che dura poco perché infatti la strada ricomincia a salire e anche cattiva lungo una serpentina di tornanti che si snoda al sole come un rettile a scaldarsi dopo un lungo inverno. Serpentina che all’improvviso si addentra nel bosco e si impenna ancor di più verso un borgo fatto di case e stalle, situato proprio sul cucuzzolo della collina. E la discesa fa venire i brividi, solo a pensare a come possa essere farla in salita e personalmente mi mette nel primo tratto anche un po' di vertigini.

Finisce la discesa e inizia l’unico tratto di pianura di tutta la Granfondo. Mi metto davanti, approfittando delle mie attuali doti di passista, chiedo il cambio a Lorenz un paio di volte, ma esile e scalatore fatica un po' a mantenere la mia velocità. Alla nostra ruota una ragazza gentile che si scusa se non tira e quasi si arrabbia quando, ad ogni gruppetto ripreso, e durante la Granfondo sono stati tanti, tutti si accodano e nessuno tira.

Ma è sempre così, ormai l’esperienza è tanta e ci si è fatta l’abitudine e terminare Granfondo come questa è sempre comunque un piacere.

Pedalare in tranquillità, senza chip, ma sempre di buona lena. Dopo tanto agonismo ci voleva e forse ce ne vorrebbero di più.

Senza forse, ce ne vorranno di più come la Granfondo Cooperatori.