21 giugno 2017

Sportful 2017, due giorni sempre meravigliosi

Aver convinto il Maestro Nicoletti a bere una birra alla vigilia dei 205 chilometri della Granfondo Sportful è già stata una mezza impresa. E mentre noi ci spazzoliamo spatzle, wusterl, salsiccia, fagioli, crauti e prosciutto di Praga, lui si mangia un’insalatina e un piatto immenso di bresaola. Il Maestro è il maestro e non sbaglia un colpo, noi andiamo di gola e di fegato perché alla birra Centenario della Fabbrica di Pedavena non possiamo rinunciare.

Si ritirano i pacchi e si visita la Fiera del Palaghiaccio, poi si va a Belluno, a Sossai di Castion, nella bella e grande casa dell’Inossidabile Magnani. Un po' di relax dopo aver sistemato le biciclette per il giorno dopo, qualche cavolata qua e là e si mangia.

Un chilo di spaghetti più o meno a testa per fare il giusto carico di carboidrati, come se il pranzo in birreria non fosse bastato, mezza bresaola a testa accompagnata da qualche fetta di prosciutto e si fa fatica ad alzarsi da tavola. Servono due passi per smaltire e allora usciamo da casa Magnani e ci incamminiamo sul versato sterrato che porta al Nevegal, rigorosamente tutti in infradito.

Un chilometrino in salita verso la Chiesina di San Gaetano e un chilometrino in discesa per tornare a casa. Chilometrini che servono sicuramente per smaltire, ma che le gambe ricorderanno con gioia e delizia sulla prima salita il giorno dopo in gara.

Perché il giorno dopo sarà salita, tanta salita, sarà sofferenza, dolce e stupenda sofferta tra le guglie dolomitiche. A letto subito allora con ancora il cielo azzurro e il sole che si è appena nascosto dietro le dolomiti bellunesi. La sveglia suonerà che il sole sarà ancora a letto, e poi saranno duecento chilometri di pura passione.

La sveglia suona che la Luna è ancora alta nel cielo, facciamo colazione controvoglia e un caffè non basta a toglierci quella domanda dalla testa che ogni volta a quest’ora della notte, o della mattina se si preferisce, ci rimbomba in testa: “Perché? Chi ce lo fa fare?”. Bagno, veloci abluzioni per tutti e si sale in macchina. Come un vecchio Ds Maurizio da gli ultimi consigli al proprio corridore, anche se proprio non è, perché Guido corre per un’altra squadra.

Si entra in griglia che mancano venti minuti alla partenza come sempre l’atmosfera è carica di energia, musica a palla e lo storico speaker Paolo Mutton carica i quasi 5000 corridori pronti ad arrampicarsi sulle dure salite alpine.

Venti chilometri di pianura alla prima salita, chi la fa piano, chi la fa forte, chi la fa a ruota di quelli che vanno forte, come Guido incollato alle ruote mie e di Scomazzon.
Cima Campo è la prima salita, diciannove chilometri che partono gentili, poi si incattiviscono con alcune impennate dentro al primo paese che si attraversa e che tornano gentili dopo Col Perer, con qualche strappata verso la cima, dove la strada taglia in due la cresta e la vista apre alle Dolomiti Trentine e Bellunesi. Una salita che fatta in altra giornata sarebbe bellissima, ma che affrontata insieme ad altre 5000 persone non si riesce a gustare appieno, tra chi chiama a destra, chi a sinistra e chi già comincia pericolosamente a zigzagare.

La discesa verso Castel Tesino è veloce quanto indigesta, almeno per me. In fondo, subito dopo il paese c’è il bivio. Lungo dritto medio a destra. Fabio e Simone decidono che i 130 km con 3000 metri di dislivello del medio possono bastare, tutti gli altri tirano dritto, compreso inaspettatamente il grande Bufalo Scomazzon, che non resiste al richiamo delle amate montagne e soffrirà sulle arcigne pendenze del Manghen.

Il Manghen, 2000 metri d’altezza che partono da Telve subito con drittoni che ti danno il benvenuto in Trentino. Poi una volta preso il Passo vero e proprio la strada si restringe e si addolcisce, fino al settimo chilometro, quando all’improvviso cominci a vedere meglio l’azzurro spettacolare del cielo e sentirti nel contempo più pesante. Un solo chilometro duro, poi si torna alla normalità della pendenza media costante al 7%. Alle porte dell’unico paesino che si incontra, Calamento si torna a decollare verso la cima, con tratti a doppia cifra. Fin dopo il ristoro, quando la salita diventa quasi falsopiano e illude di un sospirato riposo che invece è solo la quiete prima della tempesta. Perché ai meno sei la strada si inclina al nove per cento e rimane così fino all’ultimo metro. Guardi verso l’alto e vedi il serpentone di ciclisti ingobbiti scalare questa fantastica montagna e lassù li vedi sparire all’improvviso dietro a dei massi. Chi l’ha già fatta sa che dietro a quei sassi c’è il Passo Manghen, il tanto agognato gpm, c’è il ristoro poco più sotto e ci sono venti chilometri di discesa verso Molina di Fiemme. Chi non l’ha mai fatta, impara presto quanto quei massi siano riferimento e nello stesso tempo dannazione, perché più ti avvicini più ti sembrano lontani.

Da Molina di Fiemme a Predazzo è il tratto più lungo senza salite escluso l’inizio. Trovare un gruppetto dove riposarsi per portarsi all’attacco del Rolle in relativa tranquillità è fondamentale. Ma se il gruppetto che si trova è indemoniato allora forse è meglio fare tutto il pezzo da soli, del proprio passo, senza tirarsi il collo. Io ho fatto così e la scelta è stata azzeccata. Perché sul Rolle già nei tornanti prima di Bellamonte il gruppetto era esploso e senza esagerare li avevo già ripresi tutti. Il Rolle non è una salita difficile, ma è lunga, calda e infinita anche lei. La fontana di Bellamonte è presa d’assalto da molti che ci si buttano dentro per rinfrescarsi dopo quattro chilometri tutti al sole. Usciti da Bellamonte la strada spiana, sale piano al due percento e per un paio di chilometri, quando costeggia il lago di Paneveggio scende anche. Per chi ha potenza questo è il momento di spingere e fare la differenza, ma senza esagerare. Io Tengo il trentanove e spingo forte sui pedali senza però andare a tutta e il risultato è eccezionale, perché sono tanti quelli che riprendo e che poi ai meno cinque, quando la strada riprende a salire seriamente fino in cima si staccano dalla mia ruota. Ai quasi duemila metri del Passo le pale di San Martino brillano al sole. Là dove l’anno scorso avevo trovato una giornata da tre gradi e pioggia, facendomi soffrire pene che mai avevo patito, ora il termometro è sopra i venti gradi e buttarsi in discesa è un piacere desiderato quanto sudato.

Anche se poi la discesa non è così agevole, perché in quella valle il vento tira sempre forte e contrario al pomeriggio e oggi lo si sente addirittura già dal Passo. Arrivare all’imbocco dell’ultima salita, il Croce d’Aune, sono quasi cinquanta chilometri e normalmente scendere dal Rolle passando da San Martino di Castrozza, Imer e Fiera di Primero è puro divertimento. Ma tra il vento e il traffico contrario da poco riaperto non ci si riesce a divertire tanto e soprattutto non ci si riesce a rilassare, arrivando agli ultimi dodici chilometri di salita che quasi li preferisci alla discesa.

Il Croce d’Aune, la salita dove Tullio Campagnolo capì che non si poteva girare la ruota per cambiare rapporto ma bisognava cambiare qualcosa, è una salita camaleonte. Se l’affronti nel medio, ti appare neanche troppo dura, diciamo affrontabile, ma se l’affronti nel lungo, con centoottanta chilometri nelle gambe e altre tre salite da venti chilometri già scalate, ti sembra quasi il Mortirolo. E gli ultimi tre chilometri, quelli che come un serpente si snodano nel paese di Aune con la sua Chiesetta che vedi già dai meno cinque e ti appare così lontana, non scendono quasi mai sotto il dodici percento. Arrivare in cima e tagliare l’arco del Gpm è una gioia intensa.

Poco più di dieci chilometri e la Granfondo sarà finita, anche se la discesa del Croce d’Aune, fatta da pochi lucidi, diventa fatica vera quanto la salita, con tutti i suoi tornanti da rilanciare.

Fatica vera è l’ultimo strappo in ciottolato che porta in Piazza Maggiore a Feltre. Ma è fatica fatta con il sorriso sulle labbra perché, in cima, vedi il traguardo e senti Mutton caricare chi sta arrivando poco prima di te.

Finire la Sportful con qualunque tempo ci si possa impiegare è un’impresa che va al di là dello Sport, è sacrificio, è passione, è perseveranza, è orgoglio.

Ed è soprattutto festa grande! 

Tutte le foto le potete vedere qui:

Foto Sportful

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