20 febbraio 2017

Sbornia in Chianti

C’è il cielo azzurro ma c’è anche la nebbia che sale dal terreno, bagnato dalla pioggia notturna, quando ci troviamo al parcheggio della Rotonda Biagi a Casalecchio. La temperatura è accettabile, sopra lo zero di qualche grado, ma l’umidità è inaffrontabile. Non è comunque un problema, le bici sono in macchina pronte, come noi, a mettere in moto e partire, destinazione Firenze Impruneta.

Un’oretta di autostrada e un chilometro dopo il casello di Firenze-Impruneta parcheggiamo. Tempo di un caffè e di quattro chiacchere con un compagno d’allenamento del grande Gino Bartali, ci vestiamo, scarichiamo le bici e ci mettiamo in sella.

L’obbiettivo è quello di fare 120 km con un dislivello sui 2000 metri. Guido, che ci ha lasciato e si è accasato al Bike Studio, però è sempre con noi e da conoscitore di questo splendido pezzo d’Italia chiamato Chianti, assicura che sarà un bel giro, come da programma.
È del Bike Studio e infatti è vestito da capo a piedi con divisa Malini. Il suo fuso orario è quello. Quest’anno si è iscritto al Bike Studio, il prossimo ci correrà.

Anche qui nella notte ha piovuto, le strade sono  bagnate ma il sole che filtra tra i rami e disegna le ombre degli alberi sulle strade, scalda.

Si sale subito e sarà una costante di questo giro, la parola Pianura nel dizionario del Chianti non è stata inserita. Partiamo forte, forse troppo, le gambe di tutti sembrano non sentire la fatica e più che un giro tra amici sembra di essere alla Granfondo GalloNero.
Passiamo Greve in Chianti e saliamo verso Panzano. Guido a Ale sembrano avere il motorino, io e Lorenzo preferiamo andar su del nostro passo, che è comunque molto elevato, mentre Ramon paga la partenza veloce. La pagherà tutto il giro.

Si scende e si sale, si sale e si scende, non abbiamo affrontato vere salite ma quando siamo ormai a Castellina in Chianti e non abbiamo ancora 50 km nelle gambe, il dislivello è già superiore ai 500 metri.

Salendo verso Castellina un camion ci supera. Lo sentiamo arrivare in lontananza e cerchiamo di stare il più possibile a destra. Sono le 11 del mattino la strade si sta asciugando, grazie anche a dodici caldi gradi, ma il camion che ci supera la rende bianca di sale. Quasi non ci crediamo, lo spreco è incredibile. Mentre spesso nel bolognese ci si lamenta dell’assenza del sale per terra, in Toscana lo danno con strade asciutte e 11 gradi. Una via di mezzo in questo paese la troveremo mai?

A Castellina facciamo un giro nel paese e torniamo indietro, fino al bivio di Radda che prendiamo per arrivare, tra scatti e controscatti, nello splendido paesino del Chianti.
Lo passiamo, ed è quasi ora di cominciare a tornare verso Greve, quando Guido ci indica una salita bella ma lunga. Non vi sono dubbi, se è bella va fatta, giriamo a destra e cominciamo a salire verso MonteLuco.  

La salita è veramente bella, gli ultimi 5 chilometri sono immersi nel bosco e si inerpicano disegnando innumerevoli tornanti. Raramente scende sotto il 10%. Arriviamo in cima e un attimo di indecisione ci assale. Scendere da dove siamo saliti, o scendere a Montevarchi e poi tornare indietro da lì?  Scendiamo a Montevarchi, poi esploreremo come tornare nel Chianti.

Guido si ricorda di una salita sui 6/7 chilometri dentro un parco naturale. Chiediamo indicazioni su come arrivarci ad un ragazzaccio toscano con l’accento leggermente russo, che è molto preciso e ci permette di arrivare all’inizio di questa asperità. Non prima però di aver riempito borraccia e stomaco in un classico circolo toscano di altri tempi. Ma questa è un’altra storia e forse un giorno la racconterò.

Non si è capito se Guido avesse fatto mai questa salitella che sfiora i 6 km e ha i primi tre con una media del 14%, ma sicuramente noi altri la ricorderemo per sempre.
Soprattutto il sottoscritto, che aveva montato il pacco pignone invernale con il 25 come rapporto più grande e il 39 davanti. Deficiente.

Ad un certo punto, mentre arrancavo con le mie 40 pedalate al minuto, ho cominciato a ragionare che se la pendenza rimaneva quella tutti i sei chilometri, saremmo arrivati a quota 3000, più o meno come lo Stelvio. Proprio in quel momento ho pensato di avere un’allucinazione. Ho visto dei Lama camminare a bordo strada.
I ragazzi mi hanno confermato che a bordo strada i Lama c’erano veramente. Non gli sono stato a dire che a me uno di questi animali ha chiesto: ”Vuoi un passaggio?”. Forse quella domanda è stata veramente un miraggio. Forse.

In cima superiamo di poco i cento chilometri e di poco anche i 2000 metri di dislivello prefissati in partenza. Diamo un occhio a Google Maps per guardare quanto manca ad Impruneta. Ancora 30 km e soprattutto ancora salita.

Il valico del Morellino è più di 700 metri separa le provincie di Arezzo e Firenze e apre la vista sulla città del Giglio e sull’Appennino tosco-emiliano. Dopo aver fatto quel tratto al 14%, quasi non la sentiamo ci buttiamo in discesa che come spesso accade finisce troppo presto.

Si continua a salire verso Cintoia, dolcemente, in mezzo al bosco. La bellezza di queste strade che passano tra casolari in sassi, vigne che riposano e ulivi, quasi non fa sentire la fatica. Poi verso Strada in Chianti vediamo finalmente l’indicazione per Impruneta. 

Immaginiamo una bella discesa scaricante ed invece arriviamo ad Impruneta in salita. Immaginiamo male, come avevamo immaginato male che il paese dopo il casello di Firenze Impruneta, fosse Impruneta. Questa scoperta, condita dall’imprevista salita, ci mette un po' crisi. Fortunatamente un cartello con l’indicazione Tavarnuzze mi ricorda che il nome del bar dove avevamo chiacchierato con il “giovane” compagno d’allenamento di Bartali, era Tavarnuzze.

Questa volta è veramente discesa, sei chilometri non troppo pendenti, abbastanza tecnici ma che ci consentono di rilassarci, arrivare alla macchina e scendere dalla bici.
Caricate le bici e cambiati, per non rendere le automobili delle stalle. leggiamo i dati dei nostri ciclocomputer.
142 km, 2700 metri di dislivello, quasi una Dieci Colli, granfondo che si corre il primo di maggio, fatti il 18 Febbraio.

Nonostante questo le gambe girano bene e non fanno neanche troppo male.
Lo stomaco invece urla. Ha fame.
Ho fame.
Abbiamo fame.

E se non ci fossimo fermati in quel circolo….    

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