05 aprile 2016

Granfondo di La Spezia e quella Paranza...

Un piccolo spicchio di Luna a destra di San Luca è ancora alto nel cielo che comincia a prepararsi all’arrivo del giorno. Sono le sei di mattina della prima Domenica d’Aprile, tre biciclette e tre ciclisti su una Zafira attraversano la pianura Padana avvolta da un leggero strato di nebbia che bagna di rugiada il mattino e i campi circostanti. La Spezia è di là dall’Appennino, più si sale più la nebbia si dirada, mentre il primo raggio di sole spunta sulla Cisa innevata e si butta in mare.

La Spezia alle 8 di mattina è già sveglia, sul lungomare il traffico è intenso e nonostante manchino ancora due ore alla via qualche ciclista è già a pedalare verso le griglie di partenza. Il termometro segna 16 gradi e l’aria che respiriamo scesi dall’auto sa di salsedine ed entra con tutto lo iodo che contiene, dentro ai nostri polmoni. L’umidità e la cappa della Pianura sono già un lontano ricordo e dopo aver ritirato il pettorale e montato le biciclette, una foto in riva al mare, come sfondo il Golfo dei Poeti, non può mancare. Controlliamo e stabiliamo il nostro personale tempo massimo, le ore 15, orario di chiusura del ristorante al cartoccio I Pescatori. Una Paranza come Pasta Party non sarebbe da atleti, ma fa poi lo stesso.

La partenza è subito veloce, pochi metri di pianura e poi si comincia a salire per le stradine della città ligure e al terzo chilometro inizia la prima salita. Valico della Foce, tornanti dolci che tagliano la collina con l’Arsenale e le Navi militari sullo sfondo a rendere ancora più adrenalinica la partenza. Si suda e in molti sono a tutta per recuperare posizioni preziose e sprecare energie importanti.

Discesa breve e veloce, una serie di Sali e scendi che sono più salite non segnalate, che strappetti veri e propri, portano alla seconda salita di giornata, il Passo Termine dal versante di Pignone. Salita dolce all’inizio, con la pendenza che si incrementa, ma senza mai strappare, avvicinandosi verso la vetta che apre la vista sul Mar Ligure. A Soviore la picchiata verso Levanto è tanto spettacolare, quanto tecnica, chi non ha la discesa tra le sue corde tira i freni, chi ne è uno specialista si sfoga nelle curve e controcurve della strada delle Cinque Terre.

Si attraversa Levanto e si ricomincia a salire qualche chilometro, pendenze abbordabili che ogni tanto, come un dispetto, pizzicano le gambe, senza però mai tagliarle. In cima si torna verso Levanto, strada stretta, dissestata, in picchiata verso la bellissima cittadina in cui si ritorna, dall’altra parte della baia per ricominciare a salire verso la Cima Coppi e la cronoscalata di giornata.

Il passo di Guaitarola lungo 10 km lascia Levanto alle spalle e si arrampica lungo i terrazzamenti spezzini in riva al mare. Un mare che è una tavola piatta, calmo, il cui colore si fonde con quello del cielo nascondendo l’orizzonte. Pedaliamo in un dipinto, bisognerebbe fermarsi a scattare una foto ma l’agonismo ha la meglio e si scatta solo sui pedali, anche se fugacemente, cellulare alla mano, una foto la si prova a fare. In cima al passo si è poco dopo metà gara, 50 chilometri circa e il dislivello segna 1500 metri.

La Lunga discesa prima in falsopiano e poi più ripida, rilassa le gambe ma non la concentrazione che rimane alta tra le curve liguri. Si attraversa tutto l’entroterra spezzino, Borghetto Vara, Padivarma, Beverino fino all’ultima salita verso Visseggi, un paio di chilometri che terminano con un bello strappo sopra la città. Ci si butta in discesa, in quello che sarà l’ultimo sforzo, come Panorama il Golfo dei Poeti sullo sfondo, ma l’attenzione rimane alla strada, alle sue curve e alle sue condizioni disastrate, che rendono ancora più dura questa bella granfondo. La picchiata sulla Città e l’arrivo sul lungo mare rendono l’impresa ancora più bella.

Guardiamo il mare, ci cambiamo e andiamo a mangiare. Ai Pescatori la fila è infinita, al Pasta Party quasi.
Guido vuole la pasta, rifiuta il pesce dei pescatori e rifiuta anche il pesto e la porchetta del Party. Solo un filo d’olio sulle penne.

Lo seguiamo, mangiamo Pesto e Porchetta, usciamo e guardiamo i Pescatori che stanno chiudendo.

È ora di tornare verso le Due Torri, non senza ammirare ancora una volta quel mare che ci ha tenuto compagnia per metà pedalata e respirarne la sua salutare aria.

Una giornata quasi perfetta, è mancata solo una cosa, la Paranza!

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