07 febbraio 2009

Il sole agli irti colli

Stamattina pioveva, ce ne siamo accorti tutti.
E allora si sta a letto, e si aspetta domani...quasi tutti, perchè alle 10 arriva un messaggio minatorio che intima ai Rossi di partire in bici sfidando Giove pluvio (sarebbe meglio nevio, ma tant'è).
Prima si decide per la corsa, ma poi si ritorna alla MTB, che con strada bagnata e pericolo pioggia ci pare piu adatta.
Allora mi trovo a Zola con Potter (ecco chi è l'indomito) e iniziamo a pedalare sulla bazzanese vecchia, prendendo per Pradalbino.
La valletta è molto bella, il sole combatte con le nubi, la temperatura è sui 12 gradi. Anche troppo per il periodo, e infatti appena la strada si inerpica, dobbiamo aprire le casacche e usare le borracce.
Me la ricordavo più gentile, ma la salita è dura, almeno per la condizione di febbraio.
Pedala e pedala, il fango sembra colla ma bene o male arriviamo in cima. Si vede la pianura colma di grigio, poi l'azzurro del cielo in lontananza e i nuvoloni all'orizzonte.
Prendiamo a sinistra per San Lorenzo, ma poi Enrico si ricorda di un sentiero bazza che dovrebbe arrivare verso Montemaggiore. Allora vai pure, il sentiero è molto bello ma un po il fango, un po i ruscelli colmi d'acqua rallentano il nostro andare.
Tra le razze, i tronchi e il fango comunque arriviamo tranquilli su via Landa, diretti verso Calderino.
Se non che anche a me viene un'idea vincente...subito prima della salita di San Lorenzo, andando giù a destra c'è un sentiero CAI che porta su via Amola.
Avverto Enrico che la salita è duretta.
Non mi sono sbagliato; tutto lo sterrato iniziale ha pendenze che a occhi non scendono mai sotto il 16%, e il fondo di ciottolato e fanghiglia non aiuta.
Enrico mi chiede se è quello il tratto duro, e la mia risposta non lo tranquillizza. Dopo aver fatto un centinaio di metri a piedi (non per la pendenza ma per il fondo), cavalchiamo di nuovo il rampichino e su.
Un tornante a destra preanunncia l'incubo: sono 200 metri con pendenze che non scendono sicuramente sotto il 25%.
Enrico si distrae e per poco non va nel fosso, e ripartire sono guai. Io nell'apnea cerebrale dovuta alla mancanza di ossigeno non cambio e arrivo in cima con la corona di mezzo invece che il rapporto più agile.
Enrico mi supera verso la fine, e quando arriviamo in cima siamo cotti ma molto soddisfatti.
Personalmente questa è la pendenza più dura che abbia mai affrontato, più di via Volta, più delle Orfanelle e di qualsiasi altra cosa.
Però scendiamo nel sole e ritorniamo verso Zola costeggiano il Lavino.
Bel giro, duro, ma la soddisfazione è tanta per aver sopportato tali pendenze.
A domani, se il tempo ce lo permette.

1 commento:

fotorode ha detto...

Mitici stoici e rampiconi