29 marzo 2017

Granfondo Citta de La Spezia, poteva andare meglio?

Granfondo Citta de La Spezia, trasferta comoda, la partenza è alle 10, possiamo partire da casa alla Domenica mattina senza fare una faticosa levataccia.
Ritrovo alle 6 da Lorenzo, che poi non sono le 6 ma le 5, cioè l’orologio segna le 6, ma in realtà sono le 5.

È il weekend del cambio di ora, da solare a legale, quindi si e dormito un’ora in meno. Quindi in realtà non mi sono svegliato alle 5:15 ma alle 4:15. Quindi il discorso fatto in apertura sulle trasferta comoda possiamo collocarlo benissimo tra i viali, via Stalingrado, la Via Emilia e via Rigosa, insieme al luogo comune che dice che l’ora legale è l’unica cosa di legale rimasta in Italia. A noi ci ha fregato.

Lorenzo è puntuale, saluta, carica bici e borsa, lamenta qualcosa sul faticoso sabato lavorativo e sale in macchina. Solo a quel punto mi accorgo che il suo non era parlare, ma russare. Stava ancora dormendo.
Carichiamo Guido a Casalecchio aspettandolo cinque minuti nel parcheggio davanti casa sua. Era nascosto dietro una siepe, sentiva parlare, eravamo io e Lorenz ma lui aveva paura fosse qualche malintenzionato pronto a fregargli la bici. Va bene che si è trasferito in un’altra squadra, però la bici non gli e la ruberemmo mai. Forse.

Arriviamo a La Spezia in poco più di due ore, con anche una sosta caffè in un autogrill deserto, a parte la presenza di un pullman di cinquanta persone che si avventano al bar poco prima di noi.
Trovare parcheggio a La Spezia non è mai facile, sul lungomare non c’è più un posto, lascio i ragazzi davanti al ritiro pacchi gara e mi vado a parcheggiare temporaneamente in divieto di sosta. Giusto il tempo di scendere andare incontro ai ragazzi e sentire le prime gocce cadere sulla testa. Ci catapultiamo in macchina mentre comincia a diluviare. Le strade si stavano asciugando dalla pioggia notturna, ma ora sono allagate. Troviamo parcheggio a un chilometro dalla partenza, proprio mentre smette. L’aria si è fatta fredda ma decidiamo di fidarci delle previsioni. Dicono sole e alla fine sole sarà.

Il Sole arriva appena entriamo in griglia, a meno di 20 minuti dalla partenza. È spesso oscurato da gonfie nuvole bianche ma quando si libera sprigiona calore che profuma di primavera.
La partenza è incredibilmente tranquilla. Il gruppo si allunga per i viali de La Spezia a velocità elevata ma senza frenesia. La prima salita che arriva dopo tre chilometri fa risparmiare energie a parecchi. È lunga sette chilometri io e Lorenz la facciamo insieme, senza farci prendere la gamba da chi ci supera con foga, come Guido, che è in cerca del suo capitano del BikeStudio, (non lo raggiungerà mai). La finiamo senza grossi patemi e senza perdere troppe posizioni.

La strada bagnata suggerisce prudenza e in discesa il gruppo rimane allungato come alla fine della salita.
Finisce la discesa e inizia la salita. Il Passo del Termine, che porta dall’entroterra spezzino alla statale delle Cinque Terre a strapiombo sul mare. Il falsopiano iniziale inganna molti, che freschi ancora dei pochi chilometri fatti, spingono rapportoni lunghi che presto accorceranno. Sale gradualmente arrivando in cima a sfiorare la doppia cifra.

Lo spettacolo che si apre ai nostri occhi finita la salita è mozzafiato. Il mare è leggermente increspato verso la riva e forma onde spumeggianti che attirano lo sguardo. Ma la discesa è tecnica e la strada, tra tratti bagnati, altri asciutti e qualche sassolino caduto dai monti durante l’acquazzone, merita altrettanta attenzione. Lorenz è una moto in discesa, insieme a Galluzzo è sicuramente il più bravo discesista del club e sparisce dalla mia vista in poche centinaia di metri.

Entriamo a Levanto e subito ne usciamo cominciando a salire verso l’autostrada, che dal paese sembra lontanissima. Torniamo a Levanto dall’altra parte rispetto a dove eravamo arrivati, dopo 6 chilometri di salita e quasi altrettanti di discesa. Se si guarda la cartina del giro praticamente tra l’inizio della salita e la fine della discesa ci saranno cinquecento metri. Noi abbiamo fatto dieci chilometri per fare 500 metri e neanche il tempo di rilassarci che inizia la salita più lunga di giornata, il Passo Guaitarola.

Una strada larga che si inerpica sui terrazzamenti liguri costeggiando il mare. Il paesaggio è stupendo e la tentazione di fermarmi a fare due foto è forte. Resisto anche se il cellulare lo tiro fuori lo stesso e rallento. Senza mai fermarmi scatto qualche foto allo splendido mare ligure che bagna la spiaggia di Levanto. Un paio di foto anche alla strada che sale, ripongo il cellulare in tasca e riprendo a far frullare le gambe. Salgo bene lungo i dieci chilometri della salita e solo in cima un gruppettino di magrissimi “colleghi “mi sorpassa a velocità elevata. Per qualche centesimo di secondo ho la tentazione di seguirli, ma il pensiero svanisce talmente in fretta che non ricordo neanche di averlo avuto.
Scendo veloce dal Passo Guaitarola, una delle salite più belle che abbia mai fatto, tanto è vero che finita la discesa e iniziata subito la salita successiva, riprendo un terzetto che già sulle ime dolcissime rampe comincia a sfaldarsi.

L’inizio del Passo del Bracco è un patema, sale in falsopiano e nonostante riesca a far frullare bene le gambe la sensazione di essere piantato mi possiede. Come la sensazione di avere un gruppo pronto a riprendermi. Infatti mi volto e capisco che non era solo una sensazione.
Sono più di 10 unità e penso subito che mi asfalteranno.
Invece no, mi riprendono quando la strada comincia a salire veramente, pendenze sempre non troppo dure, ma mai sotto il 5%. Pedalo bene, ma soffro tremendamente l’asfalto ruvido. Il primo del gruppo mi affianca per un chilometro, supera qualche centimetro la mia ruota e poi si mette dietro. Non mi volto più ma capisco che il ritmo che sto imprimendo fa soffrire molti. Primaparlavano, ora molto meno.

Non parlano più a un chilometro dalla vetta quando metto il 53 e comincio a tirare a tutta. Davanti a me vedo una sagoma conosciuta, potrebbe essere Lorenz, mi sembra strano ma proprio al Passo lo raggiungo e gli dico di mettersi a ruota.

Non sono un discesista, ma la discesa del Passo del Bracco è uno spettacolo e raramente tocco i freni. Li tocco quando sorpasso un camper, mi volto e aspetto il resto del plotone in fila indiana a subire il mio forcing.
Finisce la discesa e inizia un’altra salita. Meno di un chilometro ma il gruppo esplode. Io e un altro ragazzo dettiamo il ritmo, Lorenz che soffre i crampi in una giornata storta, non molla e mi rimane a ruota. In discesa ci contiamo, siamo in 6.

Qui inizia forse la parte più dura della Granfondo. Non è salita, sono venti chilometri divisi in due, dieci di falsopiano in discesa e dieci in leggera salita. È raro vederlo ad una granfondo ma tutti e sei collaboriamo tirando brevi tratti secondo le proprie possibilità.
I dieci chilometri in leggera salita sono conditi da un vento contro che piano piano cuoce tutti.

Finiti inizia l’ultima salita, Viseggi. Un chilometro agile e uno e mezzo con punte al 13%. L’anno prima l’avevo presa allegra da subito, quest’anno l’esperienza la rendo utile e nel secondo troncone più duro, che domina il porto militare della città Spezzina, piazzo un paio di scatti che fanno male un po' a tutti, anche alle mie gambe.

Lorenz è un ciclista vero, borbotta ma rimane lì, perde qualche metro ma appena la strada scende li recupera e si invola negli ultimi km di discesa che conducono all’arrivo.
Io mollo, ho dato tutto e sono più che soddisfatto, la Granfondo si è rivelata più dura del previsto ma la bellezza dei posti attraversati compensa una fatica che ancora al martedì è da recuperare.

Eravamo arrivati con la pioggia a La Spezia ce ne andiamo con la stessa pioggia. Un acquazzone che ci annaffia giusto giusto mentre andiamo alle macchine dal pasta Party. Il tempo di arrivare in macchina e metterci al caldo che si aprono le cataratte dal cielo.

Arrivati con la pioggia, durante la Granfondo neanche una goccia, andiamo via con la pioggia.

Poteva andare meglio?            

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