11 agosto 2008

Attraverso i boschi Pistoiesi

Giornata stupenda sull’Appennino bolognese: neanche una nuvola in cielo e temperatura frizzante che ti sveglia, se il caffé non fosse stato sufficiente. Sono quasi le otto, da “La Cà” scendo verso Porretta, passando da Querciola, Gaggio Montano e Silla. Praticamente tutta discesa, poco più di venti chilometri in mezz’ora, quindi una media che sfiora i quaranta orari. Non ho il contachilometri, ma ormai certe strade le conosco a memoria. Salgo verso il passo, la Porrettana non è molto trafficata, dopo aver fatto forte il tratto che arriva a Pavana rallento un pochino, gustandomi lo splendido panorama che le montagne tosco-emiliane offrono. Attraverso Taviano, sono già in provincia di Pistoia, dopo pochi chilometri arrivo a Bellavalle. Qui giro a destra cominciando la salita che porta a Sambuca Pistoiese. Il cartello indica due chilometri e sono di tutto rispetto, dopo il primo tratto agevole, la strada sale impietosa tra il 10 e il 14%. Supero un incrocio e continuo a salire, arrivo a Sambuca dopo aver passato una chiesina con una bellissima vista sul paese. Salendo sono circondato dal bosco pieno di rumori. Gli animali, però, giocano a nascondino e non si fanno vedere. Scatto due foto alla stradina ciottolata che porta al castello e scendo. All’incrocio, invece di scendere sulla Porrettana, salgo. Un signore, davanti alla chiesina, mi ha detto che da lì posso arrivare a Collina, anche se dovrò attraversare otto chilometri di strada battuta. Provo ad andare a vedere. Da subito la salita è impegnativa, prima di arrivare al sentiero battuto non so quanti chilometri dovrò salire. La strada è veramente dura, non scende mai sotto l’8% con impennate improvvise, all’uscita dei tornanti, anche del 15%. Almeno è asfaltata da poco. Indicativamente saranno almeno cinque chilometri, infernali, ma molto affascinanti. Gli odori del bosco sono fortissimi e nonostante la fatica e il sudore grondante, la resina dei pini e la lavanda, ti arrivano fin dentro i polmoni, rinfrescandoti dal caldo. Arrivo ad un incrocio, scendo, ed al paese di Posola, chiedo indicazioni. Un signore intento al suo orto, con accento fortemente toscano mi dice che se voglio scendere verso Pracchia devo risalire fino all’incrocio, salire sul crinale e prendere la strada sterrata fino alla trattoria Silvana. Mi dice anche che con la bici da corsa posso farla. Risalgo allora verso il crinale. La strada sterrata arriva dopo un chilometro abbastanza duro. Sembra affrontabile, abbastanza battuta, anche se devo tenere gli occhi aperti per la presenza di qualche sasso, che potrei chiamare anche masso. Un paio di chilometri dopo, però, la terra si fa più ghiaiosa e una salita mi costringe a scendere. Duecento metri e si apre davanti a me tutta la valle del Reno con il crinale del Corno alle Scale a fargli da cornice. Un vero spettacolo, ammirato anche da due anziani signori in passeggiata, mi tranquillizzano sulle condizioni stradali a loro dire ottime, dopo la discesa. La signora mi chiede come faccio se mi succede qualcosa, gli dico che al massimo chiamo a casa e mi faccio venire a prendere, ma dovrei avere un po’ di sfortuna. Comincio a scendere, facendo molta attenzione alla strada, quando all’improvviso il manubrio mi si allenta e comincia muoversi tra le mani. Scendo dalla bici e comincio a camminare pensando alla signora ed alla sua bella gufata. Faccio qualche metro in sella, ma, con le sollecitazioni dello sterrato, sono costretto a scendere. Arrivo finalmente sull’asfalto, dopo più di tre chilometri camminati. Salgo sulla bici e con i freni tirati, scendo verso il paese. Neanche un chilometro, in un piccolo borgo di case chiedo ad una signora se possiede un mazzo di brugole. Per fortuna risponde affermativamente, le recupera in casa e posso sistemare il manubrio. Ringrazio e scendo verso Pracchia. La discesa è lunga, fatta in salita ci sarebbe da soffrire parecchio, anche se l’altro versante rimane più duro. La discesa verso Porretta è molto veloce, anche approfittando di un altro ragazzo, la cui ruota è molto comoda fino a “Ponte della Venturina”. Poi Porretta, Silla e di nuovo salita verso “La Cà”. Venti chilometri in un’ora, una buona media e sensazioni ancora più buone. Una bella scoperta anche l’assenza del contachilometri. Non sapere i chilometri percorsi non mi piace molto, ma sentire solo le sensazioni del mio corpo, senza altri riferimenti, mi ha reso più libero.

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