13 maggio 2010

Castelfranco Emilia Night & Day

400 km di Castelfranco Emilia (8 e 9 maggio 2010)

Un saluto a tutti i Maliniani Doc

Difficilmente mi cimento nel racconto dei vari giri fatti insieme al Prof e lascio anche in questo caso che sia il poeta dei Randonnè a raccontarvi la "gita".

Questo è il racconto della 400km fatta fra sabato 8 e Domenica 9 Maggio


“Ma dove siete finiti?”
E' una telefonata di cortesia: in realtà Marco se la immaginava la ragione del nostro ritardo. Lui, che ci è andato per i fatti suoi, è già allineato alla partenza della Randonnée di 400 chilometri che sta per prendere il via da Castelfranco. Io e Ivano, che abbiamo deciso di aspettare Lillo in ampio ritardo, siamo ancora in auto ad Anzola, seguiti dallo sgangherato pick-up di questo fenomeno paranormale delle due ruote grasse che da qualche anno, dopo avermi conosciuto, si cimenta anche in qualche Rando. Ovviamente Marco decide di condividere la nostra sorte e così saremo noi quattro gli unici a partire da soli, un quarto d'ora dopo che tutti gli altri sessanta partecipanti si sono già defilati a testa bassa, sfruttando le robuste scie dei più assatanati che ormai partecipano a queste manifestazioni come se fossero delle lunghissime Granfondo.

“Questi sono i veri randonneurs!”
Così ci accoglie Lorenzo, l'organizzatore della manifestazione, al primo controllo di Budrio dove, ormai passate le nove di sera, stanno smontando il tavolino e impacchettando le loro cose. Siamo tranquillamente gli ultimi, che cosa ce ne può fregare? Lillo ci spiega candidamente che il suo ritardo è dovuto al fatto che, dopo aver preparato tutto, si era messo a guardare un episodio di Poirot gustandone a tal punto la trama da dimenticarsi completamente dell'orologio!
Che cosa vuoi dire di fronte a tanto candore? Resteremo da soli per un pezzo, ma almeno abbiamo evitato il mezzo nubifragio scatenatosi appena mezz'ora fa, che ha lasciato lucido l'asfalto, vaste pozze ai suoi bordi ed ancora probabilmente imperversa ad Oriente, dove il cielo è denso di vaporose nubi grigio nere. Ripartendo da Budrio accendiamo le luci e ovviamente Lillo scopre di averle dimenticate a casa (e lui le vende...).
“Però ho portato un sacco di pile di ricambio!”
Una notte trascorsa in bicicletta è un delicato viaggio nel mistero: anche (o forse soprattutto) se lo si compie attorno a casa, seguendo un itinerario notissimo, attraversando luoghi già percorsi centinaia di volte. Ebbene, di notte è un'altra cosa...
Le dolci ondulazioni della Val di Zena, la pedalabilissima salita di Quinzano, l'ascesa un po' più dura a Monghidoro da Campeggio sembrano un territorio sconosciuto: al contempo, in ogni curva della strada, in ogni profilo dei monti, finiamo per distinguere qualche elemento sedimentatosi di giorno nella nostra memoria. Avvertiamo così, nella notte che si alterna alla luce del sole, una sorta di doppia possibilità che è concessa agli umani, a patto di volerla cogliere...
Al controllo di Monghidoro scopriamo di non essere più gli ultimissimi: un gruppetto è appena ripartito, ci dicono. E poi, fermo dietro al furgone che è servito ai volontari per trasferirsi lì con tutti i viveri che generosamente ci hanno offerto, c'è anche un ciclista di cospicua stazza e dall'aria stravolta che si aggrega a noi. Ma non durerà molto, lo perdiamo infatti lungo le perfide rampette che da Castel dell'Alpi risalgono a Madonna dei Fornelli. Il cielo è perfettamente sereno, le stelle luminosissime corteggiano una snella falce di luna che poco per volta si mostra all'orizzonte. Però fa davvero freddo per essere in maggio, e senza tutti gli strati di vestizione che ci siamo portati dietro la discesa scorrevolissima che conduce a Rioveggio diventerebbe una tragedia. A Sasso scappa a tutti da pisciare, e il distributore dell'Agip ci sembra il posto più adatto. E' da poco passata l'una di notte e mi trovo esattamente a cinquecento metri da casa, dopo aver fatto centocinquanta chilometri in bicicletta: uno normale a questo punto andrebbe a letto soddisfatto, invece il nostro divertimento consisterà nel farne altri duecentocinquanta. Decisi come somari, proseguiamo per Casalecchio, Calderino e San Lorenzo in Collina, dove è situato il terzo controllo. Nell'ultima parte della salita, pur risparmiando le forze per quel che verrà, raggiungo e supero agevolmente alcuni partecipanti ormai completamente alla frutta. Mi sa che si ritireranno al prossimo controllo, che per loro fortuna coincide con il punto di partenza.
E' ancora buio quando rientriamo a Castelfranco, dove si chiude l'anello che costituisce la prima metà del nostro percorso. Il centro sportivo dal quale siamo partiti è pieno di randonneurs che si concedono una meritata pausa ed un ristoro: chi volesse dormire un paio d'ore potrebbe permetterselo tranquillamente, gli organizzatori hanno anche sistemato qualche materassone in fondo alla palestra. Ma noi, più che sonno, abbiamo fame, ed il menù a disposizione (panini, insalata di riso, frutta, dolci) risolve benissimo il problema.
Albeggia a San Cesario, e questo è l'orario critico del randonneur. Si tratta normalmente di resistere un paio d'ore sbadigliando e stiracchiandosi sul manubrio, poi al primo sentore di paste appena sfornate ci si ferma ad ingozzarne un paio, alternandole ad una doppia dose di caffè. Così di solito ci si scrolla di dosso l'abbiocco, ed anche questa volta accade, in un bar di Baggiovara: uno dei tanti posti ove non avrei mai messo piede se non si trovasse sul road-book di questa Rando. Uno dei tanti luoghi del tutto anonimi di questa pianura modenese che si allunga stancamente verso il Po. Per fortuna, arrivano a ridarci entusiasmo le gobbe ondulate della Pedemontana tra Scandiano e Viano: e qui, finalmente, si torna a salire. Percorrendo una decina di chilometri a pendenza abbastanza dolce e costante, che ricorda la Vergato-Cereglio, arriviamo al controllo di Baiso, 543 metri sul livello del mare, nell'Appennino reggiano. Altra mangiatina e poi giù, nel fondovalle della Secchia dove resteremo solo per pochi chilometri. A Lugo ricomincia una salita che, fino al paese di Prignano, mi sembra la più dura affrontata in questo giro: ma forse, dopo trecento chilometri, il metro di giudizio comincia a perdere di oggettività. Serramazzoni sembra ormai vicina, la si vede proprio sopra di noi, ed i suoi 800 metri di quota sono il punto più alto di questa seconda parte del giro. Ma il percorso prevede ancora un ultimo cambio di crinale, scendendo a San Dalmazio e poi risalendo a Pavullo.
A Renno è collocato l'ultimo controllo e qui possiamo dire che il più è fatto: anche se mancano ancora una settantina di chilometri, ora si segue in discesa il corso dello Scoltenna e del Panaro. E una volta tanto, il vento ci accarezza il sedere sospingendoci verso Castelfranco.

The End


Come Flowers aggiungo che Lillo mi ha fatto "spataccare" per quasi tutto il tragitto , soprattutto , quando in fase di "cottura finale" ed al mio traino per gli ultimi 80km. nel momento in cui si andava a sorpassare i randonnè ritardatari gli andava a spiegare che era ultimo perchè aveva visto Poirot alla televisione e si scusava , ma non poteva indugiare altrimenti perdeva la scia ,oppure consigliava a chi correva a piedi al lato della strada di non comprare mai una bicicletta od eventualmente di bruciarla .......immaginate le facce!!!

P.S. il racconto l'ho pubblicato io perchè il Prof come tutti i poeti tendono a litigare con la tecnologia e le avversità di Explorer.

Un Saluto a Tutti

2 commenti:

Enrico Pasini ha detto...

Complimenti a tutti veramente grandissimi e come al solito Prof bellissimo racconto!!!

Anonimo ha detto...

Piaga, da dove e da chi scappi?
Che hai tutta fretta?
Bonp